Ringrazio quelli che si congratulano per i successi nel recupero del risparmio popolare violato dalle banche del territorio, nel frattempo da banche popolari divenute banche impopolari.
Ma quello di cui il paese economico ha bisogno non sono bravi giudici, o se volete bravi avvocati, in grado di riequilibrare i torti. Ma di banche serie, che tornino, o imparino, a fare finalmente il loro mestiere.
Milena Gabanelli nel suo Dataroom, numeri alla mano evidenzia come il crack di Veneto Banca e di Popolare di Vicenza sia costato una cifra immensa, naturalmente a carico dei cittadini e dei contribuenti.
I cittadini che avevano investito risparmi nelle due grandi popolari del nord est, prima della liquidazione degli istituti hanno accettato di ricevere il 15% delle somme investite contro l’impegno a non fare causa.
Compro a 100, ricevo in cambio 15: la perdita secca è dell’85%.
Quasi due terzi dei piccoli azionisti delle due banche aveva aderito a questa soluzione: i soldi servono a tutti e, come si suol dire, meglio pochi maledetti e subito.
I contribuenti sono invece privati di circa 1 miliardo e mezzo di euro (1.353.832.529 euro per la precisione) utilizzati per il fondo indennizzo risparmiatori, voluto dal governo Lega-Movimento 5 Stelle con i quali sono stati indennizzati quasi 130mila risparmiatori delle due banche venete e delle quattro banche in risoluzione (Banca Etruria, Marche, CariChieti, CariFerrara). Questo miliardo e mezzo circa di euro è stato attinto dai depositi dormenti, e se non fossero stati utilizzati in questo modo sarebbero finiti nelle casse dello Stato a beneficio della collettività.
Ai piccoli e piccolissimi azionisti della banca Popolare di Bari, e delle tantissime altre banche popolari sparse per il territorio, non è toccata analoga (e fortunata) sorte.
Se anche in questo caso la BPB, prima del suo commissariamento, ha provato a ristorare i propri piccoli risparmiatori proponendo un umiliante 15%; non è però scattato il meccanismo del fondo indennizzo risparmiatori.
Diversa l’ipotesi tecnica (la Popolare di Bari non è stata posta in risoluzione né in liquidazione), ma diversa anche la sostanza.
Agli azionisti che hanno perso soldi non rimane che fare causa, aggiungendo soldi da spendere a quelli già persi, sperando di vincere e ancora prima di “durare” fino alla fine del contenzioso.
Due pesi e due misure: ma di mezzo sempre le vite delle persone, invecchiate male senza i risparmi di una vita, o il TFR, investiti fiduciosamente nelle azioni della banca del territorio.
Sempre più spesso le cause si vincono ma il risarcimento lo incassano gli eredi: e questa è una sconfitta per tutti.
Due pesi e due misure anche nel debito: emerge dalle intercettazioni delle infiltrazioni mafiose a Bari che addirittura il potere esercitato da qualcuno verso la banca Popolare di Bari fosse tale da far congelare l’attività di recupero di crediti milionari. Troppo facile, ma doveroso, ricordare i tantissimi cittadini che per poche migliaia di euro di mutuo non pagato hanno visto la casa messa all’asta.
Una riflessione, ma anche una indagine, tra criminalità organizzata mafiosa e banche andrà fatta.
E’ sicuro che non abbiamo più bisogno di banche come queste.
Ma le banche hanno voglia di essere diverse da così ?
Massimo Melpignano
Avvocato e orgoglioso difensore delle vittime del risparmio
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