Dopo dichiarazioni politiche non allineate—tra chi ipotizza una vendita e chi invita alla cautela—rileviamo un rischio concreto: che la discussione si concentri sulle opportunità dell’acquirente, trascurando i diritti di chi ha sostenuto la banca.
La nostra esperienza nei contenziosi bancari ci impone di richiamare l’attenzione su un precedente doloroso: il caso delle ex Banche Venete.
Allora, molti piccoli azionisti e obbligazionisti subordinati subirono perdite rilevanti; i rimborsi del FIR, pur significativi, esclusero una parte dei danneggiati per criteri tecnici e temporalità stringenti.
Oggi, nel valutare qualsiasi ipotesi di vendita dell’ex Banca Popolare di Bari, la priorità deve essere chiara. Primo: la banca va “restituita” a chi l’ha sostenuta, ossia agli azionisti, con particolare riguardo ai piccoli soci dell’ex cooperativa.
Secondo: va garantito il rimborso a tutti coloro che hanno versato fondi, evitando eccezioni e cavilli che trasformino la giustizia in mero esercizio formale.
Terzo: va neutralizzato il rischio che l’eventuale acquirente scriva unilateralmente le regole della compravendita, comprimendo le ragioni dei quasi 70.000 risparmiatori coinvolti.
Questo richiede un presidio rigoroso: trasparenza dei dati, coinvolgimento attivo delle autorità di vigilanza, audizioni pubbliche, cronoprogrammi verificabili e clausole di salvaguardia vincolanti.
Serve, inoltre, un perimetro di indennizzo certo, con procedure semplici e tempi rapidi, per evitare che l’accesso al ristoro diventi un percorso ad ostacoli.
La politica, da parte sua, deve assumere un impegno inequivoco: nessuna scorciatoia negoziale potrà passare sopra i diritti dei risparmiatori.
La memoria degli errori passati non è un esercizio retorico: è la bussola che impedisce nuovi “scherzetti” a chi ha già pagato.
Saremo al vostro fianco per vigilare, informare e, se necessario, agire in ogni sede utile.

