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Negli ultimi mesi si è tornati a parlare di estendere il Fondo Indennizzo Risparmiatori (FIR) anche agli azionisti della Banca Popolare di Bari.

L’idea può sembrare, a prima vista, una soluzione rapida e già collaudata.

In realtà, si tratta di un’operazione molto più complessa, che richiede prudenza, rigore giuridico e rispetto per le specificità di questa vicenda.

Il FIR è nato come strumento straordinario per affrontare le conseguenze delle crisi di Veneto Banca, Popolare di Vicenza e delle quattro banche poste in risoluzione. Era un intervento disegnato su misura per storie precise, con regole calibrate su quei casi: soglie di reddito, limiti patrimoniali, percentuali di ristoro parziale del valore delle azioni o delle obbligazioni.

Applicare quelle stesse regole, senza una revisione profonda, agli oltre 70.000 azionisti della Banca Popolare di Bari significherebbe ignorare le peculiarità di una realtà diversa.

La struttura societaria, il legame con il territorio, le modalità con cui i risparmiatori sono stati coinvolti nell’aumento di capitale e nell’acquisto delle azioni delineano uno scenario che non può essere sovrapposto in modo automatico a quello delle banche venete.

Vi sono almeno due profili critici che non possono essere trascurati.

Il primo è rappresentato dai limiti risarcitori: un indennizzo intorno al 30–40% del valore investito risulta profondamente inadeguato nei confronti di chi ha destinato ai titoli della banca i risparmi di una vita. Ridurre il ristoro a una frazione dell’importo versato equivale, di fatto, a legittimare una perdita strutturale a danno dei risparmiatori.

Il secondo profilo riguarda i requisiti di accesso basati su reddito e patrimonio.

I meccanismi adottati in passato si sono rivelati fortemente selettivi e, in molti casi, discriminatori: chi ha vissuto in modo sobrio, accumulando qualche risparmio in più proprio grazie a scelte prudenti, rischia di essere escluso; mentre altri soggetti, con minori disponibilità immediate, possono rientrare nelle soglie previste.

Si tratta di criteri che hanno già suscitato ampie polemiche e che sarebbe poco ragionevole riproporre in modo pedissequo.

Ben vengano, dunque, ipotesi di ristoro a favore degli azionisti della Banca Popolare di Bari.

Ma un ristoro davvero giusto non può che essere integrale: occorre puntare al rimborso di tutte le somme investite da chi ha creduto nel progetto di una banca del territorio, senza finalità speculative, ma con l’intento di sostenere una realtà economica ritenuta affidabile.

Le responsabilità gestionali sono oggi oggetto di valutazioni nelle sedi competenti; non è accettabile che il peso di quelle scelte ricada, ancora una volta, su chi ha versato con fiducia i propri risparmi.

Se si vuole restituire credibilità al rapporto tra cittadini, imprese e sistema bancario, è necessario abbandonare soluzioni parziali, costruite su schemi pensati per altre vicende, e disegnare uno strumento di ristoro coerente con la storia della Banca Popolare di Bari e con le legittime aspettative dei suoi azionisti.



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