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la storia infinita del fondo indennizzo risparmiatori

L’avvio del Fondo Indennizzo Risparmiatori (FIR), istituito dalla Legge di Bilancio 2019, pare non decollare: come preannunciato, la bozza del decreto attuativo – che il MEF avrebbe dovuto adottare entro lo scorso 30 gennaio – è già finita nel mirino della Commissione UE.

L’organo esecutivo ha contestato il fatto che la Legge di Bilancio non abbia previsto, come precondizione per essere indennizzati, il riconoscimento da parte di un giudice o di un arbitro della «vendita fraudolenta» (misselling).

Per la Commissione, infatti, è necessario «verificare la sussistenza delle violazioni massive del Testo Unico Finanza che hanno causato un pregiudizio ingiusto» ai risparmiatori.

L’indennizzo, come era ovvio che fosse, non può essere riconosciuto incondizionatamente e automaticamente per il solo fatto di aver acquistato titoli delle banche fallite, prescindendo da status soggettivi e da violazioni effettive della normativa posta a tutela dei risparmiatori.

Nei progetti e nel disegno della Legge di Bilancio 2019, l’accesso all’indennizzo sarebbe passato per una commissione tecnica di 9 membri che avrebbe dovuto elaborare, sulla base dei fondi disponibili, il solo piano di riparto.

Come prevedibile, il provvedimento si sta arenando a discapito dei risparmiatori traditi, che certamente non sono interessati alle schermaglie di Governo, di qualunque colore esso sia.

La “patata bollente” passa ora nelle mani del MEF, che dovrà superare non solo lo scoglio dell’Europa, ma anche quello di una Legge di Bilancio che, in alcuni passaggi, pare bypassare principi posti a fondamento della nostra tradizione europea, costituzionale, civilistica e processual-civilistica.

 

Per approfondire:

Fondo di indennizzo per i risparmiatori: le novità della Legge di Bilancio 2019

FIR: per accedere all’indennizzo bisogna provare la violazione del TUF, ma slitta ancora il decreto attuativo del MEF



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