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La morte a neanche 50 anni di Phil Mazinga, virtuoso attaccante del Bari calcio di alcuni anni fa, ha colpito molti.
Non solo perchè una morte prematura (e quale morte in realtà riusciamo a non considerare prematura ?) rattrista e induce a riflessioni.
Ma anche perchè è un altro pezzo di Bari, della città di Bari, che scompare.
Tra qualche giorno molti si saranno abituati anche a questo.
Come una parte della mia amata città sembra ormai aver messo a punto un cinico meccanismo di accantonamento delle perdite.
Bari ha perso la Fiera del Levante, ha visto il fallimento del Bari (o della Bari) calcio, assiste alla lenta agonia del quotidiano barese e pugliese per eccellenza “la Gazzetta del Mezzogiorno”, o più semplicemente “lagazzetta” in un’unica parola.
Bari assiste basita al crollo rovinoso del sistema bancario del territorio, con la crisi della Banca Popolare di Bari, con le perdite e le difficoltà a vendere le azioni di altre banche radicate sul territorio come la Banca Popolare di Puglia e Basilicata.
Non è soltanto colpa della crisi economica: va aperta una riflessione profonda.
E sincera.
Occorre mettere seriamente in discussione i metodi di una classe imprenditoriale lontana anni luce dal merito e dalle regole del mercato; pronta a ingraziarsi il potente di turno e ad ultilizzare il potere di ogni genere, economico politico sportivo in modo spregiudicato, senza generare bene comune.
Occorre riflettere su una generazione formata in parte da genitori dimissionari, felici di far studiare e vivere i propri figli lontani dalla terra d’origine, perchè “tanto qui è tutto morto”, mentre ad essere “morti” dentro sono loro.
Occorre aprire una profonda riflessione su una parte di giovani cresciuti nel culto del nulla o di se stessi, che spesso sono poi la stessa cosa, pronti a festeggiare e rendere evento pubblico qualunque cosa accada: da un concorso superato a un piatto di cibo in riva al mare.
Una parte di giovani immersa in un eterno “happy hour”, minoranza festaiola e rumorosa che vede franare le proprie vacue certezze quando si confronta con le ferree regole del mondo del lavoro, del mondo vero.
Guardo invece a quella parte della città e di giovani che continua a credere nell’impegno quotidiano, nel rispetto delle regole, nel lavoro come forma di realizzazione personale e, se possible anche economica. Quella parte che si sottopone a rinunce, che non considera un tabù lavorare anche il sabato e la domenica se occorre, e spesso occorre perchè a dettarlo non è un datore di lavoro ma il senso del dovere e del rispetto. Quella parte che non vuole andare a lavorare altrove, dopo aver preso il meglio da questa terrà senza poi restituire nulla, ma vuole rimanere qui per crescere, far crescere, migliorare, costruire.

Bari non potrà mai morire fintanto che continueranno ad esserci tante persone così, la maggioranza silenziosa e laboriosa che ogni giorno manda avanti la bottega e salva la dignità di questa bella città.

Avv. Massimo Melpignano



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